NEW YORK E LA MARATONA
 
 IL PRIMA.
Seconda maratona della mia carriera sportiva. La prima corsa a Madrid si è conclusa in 4 ore e 10 minuti e ora ci riprovo.
Iniziano gli allenamenti con le schede fornitemi da Giancarlo, seguite in modo scrupoloso. L'obiettivo è grande, importante: partecipare e correre la maratona più famosa, quella della Grande Mela.
Chi l'ha corsa ti scoraggia: "è un percorso duro!", "siamo in tanti" il clima non aiuta e la tensione in me cresce, ma continuo imperterrita a perseguire la mia finalità. Azzardo e provo a scendere sotto le 4 ore. Tutto il resto sarà comunque ben accetto (non è vero!).
 
 IL DURANTE
Partenza il 1 novembre 2006. Arrivo. Inizia lo shopping sfrenato insieme a Roberta, l'amica che in questa grande avventura mi ha accompagnata, supportata e soprattutto sopportata.
La mia grande amica!
Un po' mi rilasso, un po' ci penso. Sarà dura, ma mi conosco; comunque vada, arriverò al traguardo e provo a consolarmi dicendomi che è l'unica cosa che conta (non è vero neanche questo se si ti sei sacrificato per ottenere un risultato). Finalmente, dopo tanto penare, arriva il 5 novembre
Sola! Sola nella zona ORANGE destinata alle donne. Niente riscaldamento, un po' di stretching qua e là, qualche massaggio alle cosce e polpacci per vincere il freddo e ancora tanta, tanta emozione. Dalle 5.50 a.m. che il pulmann ci ha prelevato in albergo, ormai ci siamo. Sono le 9.50 e le voci agli altoparlanti (fortunatamente in italiano) richiamano la nostra attenzione per giungere alla linea di partenza. Ciascuna nella propria fila secondo il numero di pettorale. Il mio: 6874. Vale a dire, le retrovie. Ci incamminiamo ordinatamente, siamo tante, ai lati si vedono gli altri partecipanti, siamo solo 37.000
Ore 10.11, la musica "New York, New York" echeggia nell'aria fredda, voci che incitano alla partenza e indumenti che volano da ogni parte. La nostra avventura sta per cominciare e io ancora sola in mezzo a tanta gente ho ancora mille e più pensieri. Tra cui uno inevitabilmente rivolto a papà e uno a mamma.
Qualche lacrima scivola sulle guance anche durante il percorso quando leggo sul dorso di alcune runner la scritta "TO DAD or TO MUM".
Obiettivo previsto 3 ore e 50 minuti.
Parto e seguo il braccialetto, preso al centro maratona, con le indicazioni sui tempi per ciascun miglio. Inizio a correre e vedo il fiume di gente ai lati; è indescrivibile. Chiedo "Sorry", timidamente, per poterli superare troppo lenti (scherzo!). Passo dopo passo supero il 1°, il 2°, il 3° miglio e braccialetto e orologio dicono che sto andando bene, meglio di quanto previsto. Procedo e inizio a godermi il tutto: l'incitamento, la banda musicale e la gioia che il pubblico emana ai bordi della strada. Sono loro i veri protagonisti della manifestazione.
Sempre un po' tesa, sorrido, a volte alzo le braccia per ringraziare e tocco la bandana dell'Italia che ferma i capelli. Procedo, stessa andatura, incredula, le miglia avanzano e io sto bene. Temo di aver sbagliato i calcoli, ma non potevo; tutto coincideva (orologio personale, braccialetto, display posto sotto il cartello del miglio)
Allora continuo a correre, ogni tanto mi fermo e bevo qualche sorso di acqua, riparto con corsa calciata dietro per evitare dolori ai quadricipiti (sarà servita? Non so, ma questi ultimi non sono mai insorti). Alla mezza maratona mi accosto, l'immancabile pipì.
Al 16° miglio speravo di vedere Roberta insieme al fratello, alla cognata e al piccolo Andrea di 3 mesi, volevo urlarle che stavo andando bene, ma non riesco a vederla (poi ho scoperto che è arrivata dopo il mio passaggio).
Continuo e sono fiduciosa di incontrarla al 23° miglio, nostro secondo appuntamento. All'ultimo rifornimento mi affianca Roberto, mi stringe forte la mano; è un segno di incoraggiamento, nessuna parola scambiata. Riprendiamo insieme, ma dopo un po' lui rallenta mentre le mie gambe mantengono il ritmo. Procedo e vedo il 23° miglio. Di Roberta neanche l'ombra, ma nel frattempo ho visto Mario e Franca ai lati e sollevo le braccia in segno di vittoria. Lì ho capito che sarei arrivata fino in fondo, con un tempo migliore di quello previsto, che niente mi avrebbe più fermata, se non una pistola.
E così è stato!
Mi sono lasciata cullare dalla gente che in Central Park applaudiva entusiasta, urlava frasi in una lingua sconosciuta, ma che bello, ero contenta, appagata, eccitata e soprattutto non ero STANCA. Allungo un po' il passo, ultima curva, salita, vedo il traguardo, lo raggiungo felice e passo sotto il finish con il tempo reale di 3.42.11.
Alzo ancora le braccia in segno di vittoria, ancora non ci credo e penso ancora una volta di aver sbagliato qualcosa.
Nessuno con me a condividere questo successo. Solo la forza della disperazione, l'amore per la mia famiglia che mi asseconda in questa passione e il rispetto per chi ha creduto in me.
Grazie Giancarlo e grazie New York.
 
 IL DOPO
Il dopo maratona è tutto un idillio, organizzazione impeccabile, una foto con medaglia e ancora in tanti e tutti insieme percorriamo la strada verso l'uscita avvolti nei domopak colorati antifreddo.
Tutti parlano, sorridono, "è finita", raccontano o inveiscono per il fallimento personale. E io? Ancora sola, a chi urlo la mia gioia? Con chi condivido la mia immensa felicità? Con nessuno che conosco, ma con tutti coloro che mi rivolgono un cenno o un saluto o una richiesta di aiuto; sollevando il pollice, sorridendo a più non posso, battendo i palmi della mani.
Mi dirigo verso l'albergo ammirando ancora una volta il tutto in silenzio, congratulandomi con la città per la perfetta organizzazione, ringraziando il "meteo" per la splendida giornata e soprattutto catturando e imprigionando le sensazioni vissute da conservare per sempre.
Un abbraccio a tutti lungo 26,2 miglia.

 ILEANA DI MURO

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