MARATONA DI ROMA 2008, impossible is nothing
a Mirna

3 ore 41 minuti. Che dire? Una domenica che non dimenticherò mai. E non solo per la prestazione sportiva, per me, assolutamente straordinaria (circa 10 minuti meno del tempo previsto!) ma anche e soprattutto per le emozioni fortissime che mi ha voluto e saputo regalare.
La giornata, ideale da un punto di vista climatico per correre (vale a dire nuvolosa e fresca), è iniziata presto;dopo la doccia e una colazione veloce alle 7 ero già per strada pronta per raggiungere l’area di partenza dov’era previsto il raduno con tutta la squadra. Dopo un’oretta di riti di preparazione tra cui sincronizzazione del cronometro, posizionamento del pettorale e del chip, impostazione dell’i pod, giochi stupidi per scaricare la tensione e quant’altro, ecco che alle 8 è scattata l’immancabile foto della mitica Astra che ha immortalato gli atleti temerari pronti ad affrontare, chi per la prima volta chi per la quattordicesima, la più bella maratona del mondo.
L’atmosfera tutto intorno alla zona della Colosseo era veramente elettrizzante. Quasi 15.000 atleti, professionisti e non, provenienti da ogni parte del mondo, erano lì riuniti con un unico grande sogno: tagliare il traguardo del 42esimo chilometro. Uno spettacolo bellissimo se si considera la folla di spettatori e gli oltre 50.000 partecipanti alla stracittadina. Verso le 8.45 ci siamo avviati verso le gabbie di partenza con il cuore che batteva forte e le mille paure che attanagliavano la mente: sarò pronta? Saranno bastati questi mesi di preparazione per finire la gara nel tempo previsto?Avrò la tanto temuta crisi del 30esimo Km?. Io ho corso con un braccialetto rosso per ricordare, unica ombra negativa sopra un giorno tanto magico, i monaci birmani vessati da una dittatura feroce e soprattutto quelli tibetani repressi e uccisi dal governo cinese.
Quando lo sparo di via è partito stavo ancora pensando al percorso e a quanto alcune strade che mi salutano ogni mattina durante gli allenamenti, mi sarebbero apparse ostili e sconosciute dopo quella miriade di chilometri. L’avvio è stato, come sempre succede a Roma, lentissimo. La fiumana di gente c’ha messo quasi 3 Km a diradarsi permettendo finalmente a tutti di prendere il ritmo giusto. Il mio era quello di 5’30” al Km che è però sceso, dal quarto in poi ad un 5’20” costante suscitando il fastidio e il rimprovero dei corridori più esperti che mi suggerivano una gara più prudente per non disperdere le energie. Sapevo, aumentando la velocità, che stavo facendo la cosa giusta perché mi sentivo veramente in gran forma. I primi 27 Km sono letteralmente volati, tra chiacchiere e risate con il mio inseparabile compagno di avventure podistiche e i maratoneti più allegri intorno pronti a scherzare e a godersi una città ancora abbastanza addormentata. La partecipazione del pubblico (fatta eccezione per gli stranieri sempre calorosissimi),all’inizio, è stata decisamente modesta. Mi aspettavo, passando per la prima volta anche dentro Testaccio, un’accoglienza più affettuosa, una romanità verace che purtroppo è mancata. Non c’è niente da fare, l’Italia ancora non è pronta per la cultura di un qualsiasi altro sport che non sia il calcio. E questo, ahimè, è un grosso peccato forse l’ennesima occasione mancata per un paese tanto bello quanto letteralmente fossilizzato sulle sue tradizioni. Cmq l’incitamento, alla fine, me lo sono dato da sola cantando e ridendo un po’ con tutti!
All’altezza del 28esimo, dov’era posizionato lo spugnaggio della mia squadra (mitici!), ho capito che potevo osare di più. Avevo condotto fino a quel momento una gara molto trattenuta perchè, dopo l’esperienza di Firenze, avevo veramente il terrore del muro. Ma sapevo anche che questa volta era diverso;mi ero allenata con costanza, ero serena e di testa veramente forte. A quel punto le 3 ore e 45 non mi sembravano più un’impresa impossibile ma una concreta possibilità e allora ho lasciato che le gambe andassero…Passo dopo passo ho iniziato a superare i pali che segnavano il chilometraggio al ritmo di 5’ e stavo sempre bene. Quando poi, al 33esimo, ho superato le lepri delle 3h45min ho capito che potevo farcela. Che quella gara, quella giornata, la gente intorno che gridava il mio nome, piazza Navona, Fontana di Trevi, piazza del Popolo e tutta la città erano mie e correvano con me come mai avevano fatto prima. Ho spento il cervello e mi sono fatta portare. Gli ultimi chilometri li ho corsi a 4’50”e mai, tranne l’ultima salita, ho avuto un dolore o una sensazione di fatica segno evidente che avevo dosato le forze in maniera ottimale. Una gara consapevole, partita un pò in sordina ma con una progressione finale degna di una runner esperta! Ma il momento più bello,quello più commuovente e più vero, quello per cui amo questo sport sopra ogni altra cosa, è arrivato al 41esimo Km. Sulla curva tra il Circo Massimo e il viale che conduce al Colosseo sono stata letteralmente agganciata da Roberto,un mio compagno di squadra (un vero campione) che mi ha trascinato con passione, grinta e solidarietà rare fino alla fine. Per tutto l’ultimo chilometro, che è in assoluto il più duro perché in pendenza e con i sanpietrini, è stato lì a correre con me, a gridarmi che stavo facendo un tempo grandioso a incitarmi a dare tutto quello che avevo e anche di più. Gli ultimi 200 metri, con la folla che esulta festante, il Colosseo che ti sorride imponente e via dei Fori Imperiali che sembra aspettarti da sempre li porterò nel cuore per tutta la vita.
Quando ho attraversato il traguardo con le braccia al cielo, ubriaca fradicia di felicità, finalmente l’ho vista: Roma era lì, meravigliosa e infinita e, almeno per un giorno, letteralmente ai miei piedi…

Camilla Luceri

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