8a maratona che corro, credi di avere una certa esperienza, inveceÉ..mai dire mai.

Arrivo tardi nella gabbia prestabilita (perlomeno secondo i miei standard di ingresso), per aspettare Chris, un mio amico che alla prima esperienza in maratona ha avuto un problema intestinale e si eĠ soffermato a lungo davanti al bagno.

Quasi a ridosso della partenza eravamo ancora fuori. LĠingresso troppo piccolo, il numero di partecipanti troppo alto É40.000  per contenere la folla che si accalcava.

Finalmente si riesce ad entrare. I soliti 10 minuti di cammino prima di far partire lĠorologio sotto il gonfiabile della partenza e vai sei in pista.

UnĠonda gigantesca ti travolge da dietro e una altrettanto enorme si trova davanti ai tuoi piedi. Un muro umano o piuttosto direi É.disumano.

Cerchi di schivarli tutti, troppi e troppo lenti per i tuoi gusti in quel momento; cerchi invano di trovare il tuo ritmo di gara. Non ci riesci. Sei costretta a saltellare continuamente sul marciapiede laterale  per poter trovare il passo e nonostante ci˜ ti ritrovi a correre a elastico, veloce e poi ferma. Inspiegabilmente ferma, come gli ingorghi sullĠAurelia al ritorno da una domenica al mare che non sai il perch ma allĠimprovviso si sta tutti fermi e poi, sempre allĠimprovviso il flusso veicolare riparte.

E  anche tu riparti e ti senti ancora tanto in forma e ti becchi spintoni, gomitate, bottigliate piene dĠacqua da schivare che ti viene la voglia di raccogliere visto che ai rifornimenti, numerosi ma mal distribuiti, non sei riuscita ancora ad accedere (Non provate a lamentarvi sui rifornimenti romani !!!!!1).

Al 4Ħ km ti salta lĠorologio, e sai solo il tempo parziale, il totale lo scoprirai solo alla fine.

Eppure, nonostante il caldo, 23Ħ gradi, la gente che ti costringe ancora a quei saltelli laterali per poter correre senza zigzagare, vai avanti e bene.

Ogni tanto si sentiva fischiare, avvisavano di stare attenti alle colonnine di cemento poste al centro della strada. Qualcuno, infatti, le ha prese in pieno, ci  caduto sopra e si  trascinato qualcun altro .

E i fotografi? Altro fischio e il megafono che in francese  comunicava di stare  attenti. Loro, al centro con i loro trespoli ti fotografavano. Ma non si fa cos“!

Stiamo quasi alla mezza e ancora non hai conquistato il tuo spazio per i piedi.

Il solito doloretto al bicipite femorale ci sta bene, lo controlli, lo conosci. Senti che inizia a farti male il collo del piede. Scarpa troppo stretta, forse a causa del chip, temi di perderlo.

Resisti. Passerˆ, pensi.

andatura  ancora buona, qualcuno ti domanda da dove vieni, rispondi orgogliosa ÒROMAÒ.

Al  26Ħ ti fermi e allenti un poĠ le scarpe senza slacciarle. EĠ poco efficace. Il dolore aumenta ma iniziano i sottopassi e giˆ lĠambulanza aveva fatto capolino pi volte per il recupero infortunati. Meglio aspettare di vederci bene.

Al 28Ħ vedo Renzo, immancabile presenza, puntuale, mi sbraccio e sorrido. Ancora non sa che ci sarˆ lĠapoteosi. Eppure sorrido.

Mi fermo, slaccio e allento finalmente il nodo della scarpa, ripartiamo. Solo 500 metri. EĠ troppo lenta. Mi rifermo e stringo di nuovo il tutto. Temevo che il dolore al collo del piede potesse farne insorgere altri o provocare qualche contrattura alla gamba.

Meglio perdere qualche minuto ma non rischiare, in testa cĠ  la 100 km da affrontare.

Finalmente bevo, grazie al mio accompagnatore che si fa largo tra la folla, con fatica, recupera le bottiglie e me le porta.

Nel frattempo siamo giunti al 32Ħ km e un dolore acuto, che ti trafigge come due spade  sopraggiunto allĠaltezza dei glutei.

EĠ quasi impossibile correre e non sai come scioglierlo con esercizi blandi. Te lo tieni, resisti e vai avanti. Ma come? Stai perdendo tanto tempo, tutto quello che fino alla mezza hai accumulato, lo sai, ma non puoi fare di meglio. EĠ un miracolo che riesci a mettere ancora un piede avanti altro.

E nel frattempo pensi che potrebbe essere  lĠanticamera di qualcosa di pi grave che ti ferma definitivamente. Un dolore che non conosci, improvviso, violento ma costante. Come mai, ti chiedi. Ci ragioni. Acido lattico  lĠunica spiegazione possibile, prodottosi allĠinizio per aver corso ad una velocitˆ troppo sostenuta. Non sai se  vero ma la spiegazione ti  piaciuta e ti accompagna, quasi a consolarti, fino alla fine. Pensi di essere stata davvero una stupida sprovveduta. PerchŽ sei andata cosiĠ veloce allĠinizio ? Ti sei forse sopravalutata? Chissˆ, ma ormai  cosa fatta, sar˜ pi accorta la prossima volta.

Se ti si bloccano le gambe sei finita. Renzo mi invita a camminare, tanto giravo a 7 al km. Ma sono ostinata e non ho ceduto alla sua pressione, si va avanti, speriamo,  finchŽ cĠ un barlume di spinta. Quei micro passetti da formichina ti porteranno allĠarrivo, lo so, lo spero.

E cos“  stato. Lui parlava, io ascoltavo. Ogni tanto qualche parolaccia da parte mia ci stava tutta. Pi a me stessa forse.

Piano piano, i chilometri si fanno sempre pi vicini alla meta e il tuo dolore aumenta sempre pi ma non cambia.

Ai lati vedi gente svenuta, con crampi, zoppicante, e tu continui diritta e ti auguri di non unirti a quel gruppo.

Finalmente arrivi, che sollievo, concludi altri 42.195 km, ma non sai  neppure quanto hai impiegato, ma non importa sei ancora in piedi.

Appena interrompi il gesto della corsa e inizi a camminare il dolore svanisce; ma chi te le ha tolte le spade e perchŽ  cos“ allĠimprovviso? É..Mah! Un mistero.

Certo una esperienza cos“ mi  servita per capire tante cose, in particolare che nella vita non bisogna mai dare nulla di scontato.

Mi prender˜ la mia rivincita, chissˆ dove e chissˆ quando, ma me la merito.

Parigi, cittˆ fantastica, dovrebbe saper organizzare meglio la propria maratona!

 

Ileana